...Ci sono un fottio di buche nel deserto e in quelle buche sono sepolti un fottio di problemi, solo che lo devi fare bene, insomma devi già aver scavato la buca prima di presentarti con un pacco nel portabagagli...se no si tratta di scavare per mezzora, 45 minuti, e chi lo sa chi si può presentare nel frattempo...e in quattro e quattr’otto ti tocca scavare altra buche e ca**o ci puoi restare tutta la notte!...
-cit.tommy DeVito (Joe Pesci)-

Sono dei criminali, certo ma hanno tutto l'aspetto di bravi ragazzi: amano gli anziani genitori, non fanno mancare nulla a mogli e numerosa prole (trovando il tempo beninteso, per qualche scappatella con l'amante), rispettano con scrupolo tutte le tradizioni. Sul "lavoro» sono ferrei: gestiscono i traffici loschi del quartiere con estrema precisione, e chi sgarra non ha nemmeno il tempo di pentirsene.
Danno soprattutto l'impressione di vivere bene: mai una coda, portafoglio sempre ben fornito, abiti e auto ultimo modello. Insomma, per il giovane Henry Hill (padre irlandese e madre siciliana) Quei bravi ragazzi (è il titolo del film di Martin Scorsese) sono dei veri e propri idoli: per lui c'è un solo desiderio, diventare un bravo e rispettato gangster come loro. La "carriera" inizia presto a tredici anni.
Si bigia la scuola, si fa qualche lavoretto, si impara osservando le mosse dei più grandi. C'è il boss Paul Cicero (Paul Sorvino), che controlla tutto e parla sempre per interposta persona; c'è l'irlandese James Conway (Robert De Niro), il più ammirato da Henry per la naturalezza con cui distribuisce mance principesche; e c'è infine Tommy De Vito (Joe Pesci), duro, pericoloso, sempre pronto - anche a sproposito - a por mano all'artiglieria. Per vent'anni Henry (interpretato in età adulta da un intensissimo Ray Liotta) vive da "bravo ragazzo": guadagna un sacco di soldi - che peraltro sperpera immediatamente -, partecipa a innumerevoli colpi, mette su famiglia con una bella ragazza ebrea, si fa pure un po' di (comoda) prigione.
I tempi però cambiano: ora è la droga il business più lucroso e i pericoli, se possibile, sono ancora maggiori. Martin Scorsese, sempre grandissimo, è addirittura superlativo quando si trova alle prese con gli amati-odiati ambienti di Little Italy: sa descriverli dal di dentro mostrandone, insieme all'orrore, l'inconfessabile fascino.
(recensione di Luigi Paini- Sole 24ore )
"..Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster. Per me fare il gangster è sempre stato meglio che fare il presidente degli Stati Uniti. Quando cominciai a bazzicare alla stazione dei taxi e a fare dei lavoretti dopo la scuola ho sentito che volevo essere dei loro. Fu là che capii che cosa significa far parte di un "gruppo". Per me significava essere qualcuno in un quartiere pieno di gente che non era nessuno!.. "
-cit. Henry Hill (Ray Liotta)-

"..Ci trattavano come delle stelle del Cinema, ma eravamo più potenti, eravamo tutto. Le nostre mogli, le madri, i figli campavano bene con noi. Io avevo dei sacchetti pieni di gioielli nella credenza in cucina, avevo una zuccheriera piena di cocaina sul comodino accanto al letto. Mi bastava una telefonata per avere tutto quello che volevo: macchine gratis, le chiavi di una dozzina di appartamentini in città. Scommettevo 30 mila dollari ai cavalli di domenica, e sperperavo le vincite la settimana dopo oppure ricorrevo agli strozzini per pagare gli alibratori. Non aveva importanza, non succedeva niente quando eri in bolletta andavo a rubare un altro po' di grana, noi gestivamo tutto; pagavamo gli sbirri, pagavamo gli avvocati, pagavamo i giudici stavano sempre con la mano tesa, le cose appartenevano a chi se le prendeva. E adesso è tutto finito. È questa la parte più dura, oggi è tutto diverso. Non ci si diverte più, io devo fare la fila come tutti gli altri e si mangia anche di schifo. Appena arrivato ordinai un piatto di spaghetti alla marinara e mi portarono le fettuccine col Ketchup. Sono diventato una normale nullità. Vivrò tutta la vita come uno stronzo qualsiasi.. "
-scena finale : Henry Hill-

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